Fior ‘i maju e Birra Savuco

Cappelli del prete realizzati con semola integrale e acqua e tirati a mano, come migliore tradizione calabrese vuole. Vengono sbianchiti prima e arrostiti poi, per sottolineare il doppio passaggio della Birra Savuco di Maltonauta dal fermentatore alla botte che ha contenuto il vino Vigna Savuco di Serracavallo. L’idea è di restituire i colori e la consistenza della birra, la ruvidezza delle doghe e del tempo trascorso, prendendo spunto dal fiore di sambuco dal quale entrambi i prodotti prendono il nome. La farcia è un composto di seitan con erbe aromatiche mediterranee, sfumata con la birra Savuco e spolverata di fiori e polline di sambuco. La salsa di mandorla areata, con il fiore di sambuco in infusione, da l’idea di schiuma nel bicchiere, mentre la riduzione di birra lucida e chiude il cappello croccante che, insieme al finocchietto selvatico e alle lamelle di mandorla tostata, danno lo sprint e il giusto equilibrio al piatto.

Pane, trebbie e fantasia

Il tutto parte dallo ‘stappo’ di una Westvleteren 8 comprata in un mio viaggio in Belgio con Kuaska, nel 2015, del quale ho parlato in questo articolo. Appartenendo io alla schiera delle persone che non ama versare il lievito nel bicchiere, l’ho riutilizzato per un impasto con farina per creare uno starter di lievito madre.
Intanto avendo in questo periodo tempo a disposizione, e dopo un consulto familiare, abbiamo dedicato un sabato a brassare una birra di Natale in casa. Da lì l’idea di prendere un po’ di quelle trebbie, utilizzare il lievito di prima, e preparare dei panini.
Ma come farcirli? A questo ci ha pensato naturalmente Giulia Secreti, partendo dall’idea di utilizzare del seitan aromatico home made e aggiungendo patate mpacchiuse, asparagi selvatici, cicoria selvatica, EVO amaro e piccante intenso del Frantoio Gagliardi, chips di rapa rossa, caciocavallo fondente, funghi porcini, tahin e salsa di soia.

Drake Maltonauta

Ma cosa berci? In abbinamento ho voluto continuare a giocare in casa, con la mia nuova creatura, la Drake, una Extra Special Bitter di Maltonauta. Birra che avendo imbottiagliato da poco è quella più presente nel mio frigo :-).
Ambrata, con odori nocciolati e leggera speziatura, in bocca equilibrata con un corpo medio e un buon finale che ha retto benissimo il panino.

E ora, considerando ancora il molto tempo da poterci dedicare…
Ritorniamo a progettare.

BeerCalabria 2019

Spunti di riflessione sulla Calabria birraria

Il 3 Aprile sono stati proclamati i vincitori di BeerCalabria 2019, la prima edizione del concorso regionale calabrese dedicato alle birre artigianali. 

Al concorso ho partecipato anche io con la beer firm Maltonauta, e questo articolo prende spunto dall’evento per alcune riflessioni.

Organizzato da Francesco Donato. Del mondo birrario calabrese, fra i più conosciuti a livello nazionale. Giurato di Birra dell’Anno, uno dei tre soci, a Reggio Calabria, di Malto Gradimento e Lievito, è ora relatore per la lezione della birra per AIS e non disdegna il vino, seguendo al momento il corso ONAV.
Un appassionato non certo della prima ora, ha sempre fatto arrivare nella sua città birre di grandi produttori. Luigi D’Amelio, il birraio di Extraomnes, e Jurij Ferri, di Almond ’22, sono di casa da lui.
Infine Lievito ha da poco aperto una Academy con la quale organizzano corsi di degustazione e laboratori. A marchio Lievito vengono spillate inoltre birre prodotte da Birranova, Almond ’22 e Rurale.

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La Varchiglia e il Corso di mezzo

Più e più volte, quasi all’infinito, mi sono arrampicata su per Corso Telesio, che divide e corre a metà e in mezzo, nella storica e vecchia città, di età e di aspetto. Un’opera al Teatro Rendano, una ricerca alla Bibblioteca Nazionale, una conferenza alla Casa delle Culture, una mostra al Museo del Fumetto. Foss’anche solo per una mera passeggiata tra mura acquarellate che stringono la volta del cielo e sampietrini che echeggiano di antiche carrozze e di lontani scalpitii. Continue “La Varchiglia e il Corso di mezzo”

Bark
Beer&BBQ

Presentiamoli subito, Daniel D’Alù e Alice Agostino. “Nice to meet you”. Si, è proprio il caso di dirlo. Perché al Bark i piatti parlano inglese, americano per la precisione. Beer & bbq recita il claim del locale di Gioiosa Ionica (RC), aperto da pochi mesi.

Tutto ruota intorno ad un imponente affumicatore in perfetto stile americano dove cuociono, sotto il diretto controllo di Daniel, con la tecnica ‘Low and Slow American Style’, grossi tagli di carne trattati precedentemente con spezie (dry rub). Cotture tramite affumicatura quindi, con fumo di legna (quello di ciliegio al momento il preferito al Bark) e carbone. La combustione, ci spiega Daniel, crea del fumo aromatico che si deposita sulla parte esterna della carne conferendogli un colore scuro; poi con il calore, mai superiore ai 130 °C, diventa croccante fino ad assomigliare alla corteccia (in inglese bark) di un albero. Si ottiene una texture della pietanza unica, simile a quella delle cotture a basse temperatura, ma con in più il profilo aromatico dell’affumicatura. Continue “Bark
Beer&BBQ”

Cuddrurieddri, panzerotti e vecchiareddre. Un M(a)st delle feste di Natale.

Dal 7 al 6 non ci siamo, siamo in ferie, ci diamo al ‘panza e crianza’. Inizia così il countdown, seduti a tavola da adesso, per alzarsi il prossimo anno. Dal sette dicembre sera, parte il ‘magna magna’ che dura fino al sei gennaio, dopo pranzo. Sarà un continuo stare insieme, unito al ‘che ci beviamo?’. Vigilia e giorno dell’Immacolata, vigilia e giorno di Natale con quello di Santo Stefano che accompagna, cenone e giorno di Capodanno, vigilia e giorno dell’Epifania, che tutte le feste si porta via. Continue “Cuddrurieddri, panzerotti e vecchiareddre. Un M(a)st delle feste di Natale.”

Beavertown Extravaganza 2017

Ecco il primo (speriamo di una lunga serie) articolo del nostro amico Daniel D’Alù, Homebrewer e beer hunter con la passione per la buona cucina e, naturalmente, il buon bere. Personaggio di cui sentiremo presto parlare alle nostre latitudini birrarie. Nella foto (da sinistra) Valter Loverier, Mike Murphy e Daniel D’Alù.

 

Lo scorso settembre, più precisamente 8 e 9, si è svolta la prima edizione del Beavertown Extravaganza, festival organizzato dall’omonimo birrificio londinese. Ormai diventato uno dei produttori di spicco della new wave britannica, il birrificio di Logan Plant ( figlio del celebre Robert Plant) si è lanciato nell’organizzazione di un festival. E date le peculiarità di Beavertown, non  poteva di certo essere un festival con un’offerta banale. I biglietti sono andati sold out in poco tempo. La formula del festival prevedeva l’acquisto di un biglietto (circa 60 euro) che garantiva l’accesso al festival, il bicchiere dell’evento, e bevute illimitate all’interno. Erano presenti 77 produttori, con oltre 380 tra birre, sidri e idromele alle spine in ognuno dei due giorni, con un’ampia offerta food. Continue “Beavertown Extravaganza 2017”

(S)BRONZI d’autore
a Reggio Calabria

Reggio Calabria è la città dei Bronzi, due bellissime opere d’arte greche ritrovate nel 1972 nei fondali di Riace Marina. Raffigurazioni di due guerrieri, uno giovane e l’altro meno, che i calabresi ricordano anche nell’animazione di qualche tempo fa per uno spot che pubblicizzava la Calabria. Io me li sarei anche immaginati, i Bronzi, al bancone del brewpub di Angelo e Domenico Oliveri e Delfio Carroccio, a bere ognuno la birra che prende il proprio nome, Tideo e Anfiarao, per poi uscirne, se non proprio sbronzi, almeno alticci.

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a Reggio Calabria”

Pane di Jermano
e Madiba Whisky Casked di Lariano

Il cereale Jermanu è stato introdotto, all’incirca nell’anno mille, dai Germani che trovarono un ambiente ideale per la diffusione del frumento sull’altopiano dell’Aspromonte di Canolo (provincia di Reggio Calabria). Dall’essiccazione al sole dei chicchi che vengono poi macinati, impastati con acqua, sale e lievito madre nasce un pane bruno, dal profumo acidulo, di castagne, di nocciole e dal gusto deciso. Pane molto idratato e compatto.

Nel paese di Canolo la panificazione è un’attività frequentissima, tanto che esistono dei forni comunali a disposizione dei cittadini.

Con cosa accompagnarlo in un tiepido pomeriggio di aprile? A disposizione ci sono fave, piselli, una Tuma del Fen, pomodori secchi e qualche noce .

Si, ma da bere? Il pensiero è andato subito ad una birra scura e dal sapore strong: qualche tempo fa, a Vibo Valentia, in collaborazione con Whisky Club Italia abbiamo avuto l’opportunità di bere, a conclusione di serata, una bottiglia molto speciale del birrificio Lariano: la Madiba Casked. Porter di 4.5 gradi affinata in una botte di whisky di Arran per tre mesi, grazie a Claudio Riva, di Whisky Club Italia, che procurò il prezioso contenitore. La birra ci fu mandata in anteprima dal birraio Emanuele Longo, tant’è che riportava, l’etichetta della birra ‘originaria’, per non inviarla ‘nuda’. Quello che mi rimase in testa fu la piacevole sorpresa di Claudio nel trovare, riassangiandola insieme a me, un cambiamento della birra dopo non molto tempo dal precedente assaggio. Allora la mia idea fu di portarne una bottiglia a casa e dimenticarmela. E così è stato, fino a quando non ho avuto l’opportunità di tagliare qualche bella fetta di pane Jermanu. Continue “Pane di Jermano
e Madiba Whisky Casked di Lariano”

Il segreto delle birre acide
Un passato storico per un approccio moderno

Articolo uscito il 3 marzo 2017 a firma di Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte su Cronache delle Calabrie

Se il consumatore calabrese fa ancora fatica a dedicarsi ad un buon bicchiere di birra amara (leggasi IPA e parenti strette), le cose peggiorano drasticamente con le birre acide. Il nostro palato deve, come in tutte le cose, essere educato a sensazioni organolettiche nuove, lontane dal nostro quotidiano. Non è per masochismo che si deve trangugiare una birra del genere, quello che ci deve spingere è la curiosità di capire come mai queste bevande possano essere nate, anche quasi scomparse e poi ritornate in auge ai giorni nostri. Poi magari si scopre, ad un certo punto, che non se ne può più fare a meno o, comunque, si trova ogni tanto l’occasione per farsene un bel bicchiere.

Quando un intenditore sente parlare di birra acida il primo pensiero corre subito verso il Belgio, nel Pajottenland, a sud-ovest di Bruxelles. Regione associata al Lambic, su tutte, la birra acida per eccellenza, la capostipite delle bevute a basso pH. E anche qui, dietro ad una birra, tanta storia, arte e cultura: si pensi, ad esempio, ai due noti quadri di Bruegel, la Danza dei Contadini e il Banchetto di Nozze, dove sono raffigurati dei fiamminghi che godono della bontà di questa famosa birra servita nelle tipiche brocche di terracotta.

Ma ritorniamo alla curiosità che ci muove verso la bevuta di queste birre. Le domande che ci dovrebbero spingere sono del tipo “cosa ci si trova di tanto buono in una birra del genere da far nascere, un tempo, rivolte popolari ad ogni aumento del loro prezzo?”.

Il segreto è nella loro complessità, che un naso attento può scovare dietro la decisa nota selvaggia che hanno, partendo tutto da una fermentazione spontanea, tramite i lieviti presenti nell’aria, per poi proseguire con il lavorio in botti cariche di microorganismi che tanto danno in termini di profumi. I descrittori olfattivi sono fra i più disparati, e potremmo stare per ore ed ore a trovare nuovi sentori, dalla mela, miele, agrumato a volte, fino ad arrivare alla sella di cavallo, vinoso, carte da gioco vecchie (copyright questo di uno dei maggiori esperti di Lambic al mondo, Lorenzo “Kuaska” Dabove). Ma è per la loro forte caratterizzazione e per il fatto che ogni botte regala sempre prodotti diversi che il Lambic è utilizzato nella produzione della più armoniosa ed ‘elegante’ Geuse, blend di più Lambic di annate diverse.

Pajottenland come pretesto, per AIS Calabria, per una serata, all’Officina Pab di Locri, per parlare non solo di Lambic, ma di fermentazioni spontanee e miste in genere. Occasione per arrivare in Germania, patria, nell’immaginario collettivo, della bassa fermentazione, ma che ci regala due interessanti declinazioni acide di alta fermentazione: la Berliner Weisse e la Gose. La prima, birra di frumento con aggiunta di batteri lattici; la seconda, birra di frumento con sale, batteri lattici e coriandolo. Anche queste caratterizzate da note dissetanti che aiutano il consumatore a combattere la sete con un tocco di originalità. Ed essendo questo l’angolo degli spunti di riflessione, viene spontaneo citare anche le birre alla frutta, che con il loro bagaglio di lieviti che portano in dote, forniscono una deriva acidella alle birre nelle quali se ne fa uso.

Ma superata la sfida di farne almeno un sorso ed innamorarsene, forse, l’altra sfida consiste nel trovare, insieme ad Andrea Filocamo, gestore del locale, e Daniele Capogreco, lo chef, dei piatti che riescano a collaborare in bocca per un equilibrio e una piacevolezza di abbinamento. E allora… Quattro birre che dell’acido ne fanno, chi più e chi meno, il biglietto da visita: la Berliner Weisse di Canediguerra, la Kiss me Lipsia (Gose) del Birrificio Del Ducato, la Bersalis (ale in blend con lambic) di Oud Bressel e infine la Red Raspberry Rye di Buxton (berliner weisse al lampone).

E si parte, rispettivamente, nei quattro abbinamenti, con tartare verde con salsa guacamole ed erba cipollina, a seguire insalata di polipo patate, fagiolini e pomodorini con timo e lime, continuando con caciocavallo di Ciminà piastrato del presidio Slow Food della Locride (presentato da Alberto Belvedere) e semi di zucca tostati e, per finire, pancake allo zenzero con sciroppo di acero e fragole.

Che dire? Una serata che nessuno scorderà, nel bene o nel male. Fatto sta che gli abbinamenti cibo-birra, quasi tutti da manuale, hanno dato spunti interessanti di discussione.

Come sempre, quindi, il messaggio è lo stesso: qualunque cosa si mangi, qualunque cosa si beva, l’importante è mangiare bene e bere bene. Non farsi assalire dai pregiudizi e dalle prime impressioni, osare e darsi un’altra occasione. Tante sono ancora le birre da assaggiare, tante le esperienze sensoriali da fare.

Cheers!