Maccarruni calavrisi

Maccarruni calavrisi

Cosa sono i maccarruni calavrisi

Quando si parla di maccarruni calavrisi, ci si riferisce alla ‘pasta i casa‘ tipica della Calabria. ‘Fusiddi, rizzi i fimmina, fileja, ferriettu, cannici’ tutti modi per definire, tra i formati di pasta, quelli che vengono lavorati al ferretto. Partendo da una massa composta da semola di grano duro e acqua ‘a quannu si ne pigghia‘, si lavora affinché diventi un impasto liscio, elastico e non appiccicoso. Si suddivide in ‘gghiommari,’ cordoncini di pasta senza forma, che vengono lavorati uno a uno al ferretto, per dargli la forma dei vari tipi di maccarruni.

Quali sono gli strumenti di lavoro

Lo strumento tradizionale per formare ‘a pasta i casa bucata’, è il ferretto. Solitamente si utilizzano oggetti poveri e di uso comune. Il primo fra tutti e di facile reperimento è il ramoscello del salice piangente, dal caratteristico rumore tac tac tac, dato dallo sfregamento durante l’utilizzo sul piano di lavoro. Molto più spesso ‘u ferriettu’ può essere il ferro che si utilizza per lavorare a maglia, privo del finale a testa di chiodo. Un tempo, venivano impiegati anche lo stelo della spiga ‘cannice’, uno dei raggi della ruota della bicicletta, oppure a sezione quadrata, quello di un ombrello. Tuttavia, oggi si può tranquillamente utilizzare lo stecco, lungo e sottile, di un comune spiedo di bambù o di legno.

Come si cuociono i maccarruni calavrisi

A pasta i casa‘ di semola di grano duro, tradizionale fresca, non prevede l’utilizzo delle uova. Per questo motivo la massa e i formati che ne derivano, devono essere tenaci e fatti asciugare qualche ora, prima della cottura in acqua bollente. Per mantenere la forma ed evitare che i ‘maccarruni’ lunghi si spezzino, bisogna rimescolarli delicatamente, soprattutto all’inizio della cottura. Possono bastare un paio di giri di mestolo per non farla attaccare sul fondo della pentola.

Maccarruni aru firriettu e rizzi i fimmina
Maccarruni aru firriettu e rizzi i fimmina
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Come condire i maccarruni calavrisi pasta i casa

Come tutta ‘a pasta i casa‘ fresca, tradizione vuole che deve essere scolata con ‘il callo’, e ben sgrondata posata nel piatto di servizio. A questa è aggiunto, a copertura, l’intingolo preparato in precedenza, per condimento. Una generosa mantecata e i ‘maccarruni calavrisi’ sono pronti per essere con abbondanza porzionati. Che dire, ‘ara tavula!

Uno Spettacolo di Birre 2021

Il 25 marzo 2021 siamo stati in onda con uno spettacolo di birre targato Do di Malto, in collaborazione con LavorareInCalabria.
Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte, con Antonio Andreoli, ci ha tenuto compagnia con sette ospiti intervenuti a staffetta.

Evento inserito nell’Italy Beer Week, sono state 2 ore abbondanti insieme ad amici del mondo della birra e dell’arte. Due mondi che hanno l’obiettivo comune di fare star bene le persone, quanto più possibile insieme e condividono le pinte di birra bevute dopo un concerto, uno spettacolo un film al cinema.

Italy Beer Week è un evento nazionale organizzato da Cronache di Birra. Un invito a tutte le realtà del territorio a interpretare a proprio modo la celebrazione della nostra bevanda preferita.

Birra artigianale:15 anni di storia… pensando al futuro

Puntata del 4 Marzo 2021 sul canale Lavorare in Calabria con Antonio Andreoli e Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte.
Ospiti della serata Pasquale Barritta e Vincenzo Fiumara.

Pasquale inaugura il birrificio Cunegonda a Spilinga, insieme a suo fratello, nel 2006, forte dell’esperienza maturata in un birrificio nel New Jersey.

Vincenzo è originario di Pizzo (VV). Il suo percorso di studi è incentrato sulle tecniche birrarie.Oggi lavora presso il birrificio Loverbeer di Marentino (TO).

Cassetedde irresistibili una tira l’altra

Esiste da sempre una correlazione tra Calabria e Sicilia per innumerevoli motivi. Uno fra i tanti lo ritrovo in un dolce tipico dell’una e dell’altra regione. Ciò che mi sorprende però, è che accomuna la punta estrema occidentale della Sicilia e cioè Trapani, con il nord della Calabria e cioè Cosenza. In particolare per quanto riguarda me, Marano Marchesato. Sia qui che lì infatti è in uso il termine dialettale cassetedda, per identificare un delizioso fagottino, ripieno di ricotta con a volte cioccolato. Ciascuna delle due tipicità, conserva e tramanda la propria ricetta e il proprio ripieno, che non si differenziano un granché tra loro. Mentre, per quanto riguarda la cottura, essendo dolci per il periodo che va dal Carnevale alla Pasqua, passano agevolmente dall’essere fritti, all’essere infornati.

Cassetedda ritrovata

Armata di curiosità e pazienza, sono andata a caccia della storia e della ricetta della mia famiglia, e le ho preparate. Mia nonna materna, così il racconto di mia madre, oltre che per le feste, le preparava per la merenda, quella più ricca o per il pranzo domenicale. Ma ciò che ho recuperato dalla sua memoria, sono i tagli e la forma particolare delle loro, e anche delle mie, cassetedde.

Come preparare le cassetedde

Cassetedde irresistibili una tira l'altra
Cassetedda tonda, nella sua forma originaria in uso a Marano Marchesato, e a forma di mezzaluna.

Pochi gli ingredienti, per la sfoglia, uova, zucchero al velo, burro, liquore all’anice e farina. Lo stesso per il ripieno, ricotta, zucchero, scorza di limone grattugiata, e facoltativo, scaglie di cioccolato. Ma per come è vivo anche il mio ricordo, ottime con la mustarda calabrese.

Ammassati gli ingredienti e formato sul ‘timpagnu’ un panetto liscio e non appiccicoso, si tira la sfoglia, e con il bordo di un bicchiere, si ritaglia a cerchi. Ogni pezzo, farcito con il ripieno scelto, viene chiuso a forma di mezza luna, sigillando i bordi e ripassandoli con i rebbi di una forchetta.

Cassetedde irresistibili una tira l’altra.

Si friggono in olio profondo, io utilizzo quello d’oliva, si asciugano su carta paglia, e in un piatto di servizio si spolverano con zucchero al velo e cannella, ‘a gusto’. ‘A fagurire’.

Pani e uogliu extravergine d’oliva

Quando ho frequentato i corsi per essere poi degustatrice ufficiale degli oli vergini ed extravergini d’oliva, ho imparato tantissime cose, che ovviamente ignoravo, ma che ho sempre, e innatamente, desiderato conoscere.

Caratteristiche dell’olio vergine d’oliva

Ho scoperto così, che di tutti e cinque i sensi gliene manca uno, la vista, se consideriamo il sentire non specificatamente legato all’udire. Le sue caratteristiche, definite attributi positivi, riguardano l’olfatto, il gusto, il tatto, inteso come consistenza, e il sentire inteso come percezione. Per chiarirmi le idee e smettere di andare alla cieca, ho deciso di formarmi.

Difetti e attributi positivi dell’olio vergine d’oliva

Pani e uagliu extravergine d'oliva. Dettaglio del bicchiere per l'assaggio dell'olio d'oliva, blu cobalto.
Bicchiere di assaggio dell’olio d’oliva, blu cobalto.

Ciò che si prende in considerazione per l’assaggio, nella scheda di profilo dell’olio di oliva vergine, sono i difetti: il rancido, la muffa, il riscaldo, l’avvinato e altri attributi negativi. Per gli attributi positivi, si prendono in considerazione: il fruttato, l’amaro e il piccante. Tutti su una scala di valori di intensità che va all’uno al dieci. Per quanto riguarda il colore, questi viene occultato, non rientra né nei difetti, né nei pregi di un olio d’oliva vergine. L’assaggio, avviene con una certa quantità di olio, in un bicchierino blu cobalto, per non far intravedere il suo colore.

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L’olio extravergine d’oliva

Ho faticato molto, a riconoscere i difetti ai quali ero purtroppo abituata, sia degli oli artigianali che di quelli industriali. Mandando giù oli con tali difetti, da bere poi sorsate di extravergini per rifarmi stomaco e bocca. Ho potuto apprezzare pregi olfattivi e degustativi che gli oli d’oliva extravergini calabresi hanno da offrire. Ce ne sono di ottimi, che non hanno nulla da temere rispetto a quelli nazionali (spesso integrati da partite di oli d’oliva extravergini calabresi), e mediterranei.

Pani e uogliu extravergine d’oliva

Ora è un rito, quando apro un nuovo contenitore, tolgo via il tappo, e ne prendo un bel respiro. Ed ecco uno dei miei spuntini preferiti, pani caldo appena sfornato e uogliu extravergine d’oliva, così da sprigionare tutte le sue qualità e proprietà. Poi aggiungo una sbriciolata di origano, qualche granello di sale, e na stricata i piparieddu vruscenti.

Che dite, vi ho messo la pulce nell’orecchio? Spero proprio di si. Ne continueremo a parlare. Viva, viva l’olio d’oliva!

Cacioffuli e patane a ra tijella

La cucina tradizionale calabrese presenta, inaspettatamente ai più, diversi piatti vegetariani se non addirittura vegani. Come ad esempio, a casa di mia madre, un classico della cucina invernale sono i cacioffuli e patane a ra tijella. Alla prima raccolta dei carciofi nostrani.

Tijella di cacioffuli e patane

L’invitante crosta dorata, a copertura dei cremosi strati alternati, dei carciofi e delle patate, per una preparazione ricercata e rustica allo stesso tempo. Di sicuro successo, che ben si presta sia per una cena, sia per una gita fuori porta, e perché no, per un ottimo pranzo in ufficio.

Cacioffuli e patane

Si procede così: tolte le brattee esterne, più coriacee e le eventuali spine ai primi e pelate le seconde, tagliare entrambi a fette, e sistemarle in un tegame con un po’ d’acqua e olio extravergine d’oliva sul fondo. Insaporire gli strati alternati con mollica di pane arriganata, pecorino grattugiato, caciocavallo a pezzetti, un trito d’aglio e prezzemolo, sale e generosi giri d’olio extravergine d’oliva fresco.

Appena pronta, infornare lasciando sobbollire fino al termine della cottura, e finché la crosta sia ben colorita. Tempi e temperatura, come tradizione insegna, dipendono dalla grandezza da tijella e dalla quantità degli ingredienti, ma entrambi quanto bastano affinché si spanda n’addurinu!

CDI2020 – Cos’è successo

Bellissimo ‘tour de force’ ieri sulla rete. Una giornata interamente dedicato alla distillazione italiana. A capo dell’iniziativa Claudio Riva e Davide Terziotti, nomi stranoti nel mondo dei distillati e del whisky in particolare. Un evento, il Craft Distilling Italy 2020, di sicuro utile al futuro mondo della distillazione artigianale italiana.

Nel nostro paese si sta verificandosi per i distillati artigianali quello che nei primi anni del 2000 (come ricorda Agostino Arioli nella tavola rotonda a chiusura della giornata) è successo nel mondo della birra artigianale. Ma sicuramente con una marcia in più: vedi la possibilità di mezzi come la rete e una rete (non digitale, ma umana) di amanti dello spirito sicuramente meglio organizzata di quanto lo potesse essere quella della birra anni fa.

L’offerta di ieri è stata completa: dall’approccio sensoriale, al processo di produzione, agli aspetti normativi, al marketing e comunicazione del prodotto, alle storie di successo americane.
Tanti spunti, orientamenti di bussola, che chi ha già intrapreso questa strada (pioniere della distillazione artigianale italiana) ne conosce il peso; penso a Stefano Cicalese di Peter in Florence che non nasconde una sana invidia per Alvise Ennas di Capovilla Distillati per avere accanto il nonno, Gianni Capovilla, maestro indiscusso in tutto il mondo.

Ma Do Di Malto non può non dare spazio all’intervento più importante per noi del malto. Il nostro interesse va ad un altro maestro indiscusso, ma della birrificazione, Agostino Arioli di Birrificio Italiano, che ha da poco ha intrapreso questa nuova strada spiritosa insieme a Rail Road Brewing Company. Agostino fa inevitabilmente il punto della situazione sul mercato della craft beer italiana con un pizzico di dispiacere per il fatto che non sia il mercato che avrebbe voluto lui, quello che immaginava 20 anni fa. “Brutto pensare che la birra artigianale da grande debba essere la birra industriale” dice. Sottolinea quanto ancora ci sia da fare affinché si arrivi ad un mercato maturo per la craft beer. Giustamente, come dice lui, l’Italia non sono gli Stati Uniti. Qui le novità non vengono prese con lo stesso entusiasmo. Un punto di vista sempre lucido e assolutamente realistico che ha portato Agostino a fare sempre scelte giuste, e sicuramente anche questa, quella della distillazione, sarà qualcosa che lascerà un’impronta indelebile. Distilleria Strada Ferrata è il nome del progetto, e siamo molto curiosi di assaggiare al più presto le loro produzioni.

Chicca di fine giornata, il collegamento con Rebecca LeDuc Harris, presidente in carica dell’American Craft Spirits Association. Ma per sapere cos’ha detto, cose molto interessanti, distillerie.it vi aspetta sul suo sito ufficiale della manifestazione, craftdistilling.it

Arrivederci al Craft Distilling Italy 2021